Pare che Carlo Emilio Gadda non avesse una particolare propensione verso la musica, e paventasse le serate in cui la conversazione poteva obbligarlo a parlarne (vedi lo spiritoso aneddoto raccontato da Giulio Cattaneo in Il gran lombardo, Milano, Garzanti, 1973, p. 58). In effetti, nella sua opera i riferimenti alla musica sono sporadici, e per lo più sviluppati in situazioni narrative ironiche e grottesche. Gli esempi principali sono il racconto Teatro nella Madonna dei filosofi e Un “concerto” di centoventi professori nell’Adalgisa.
Questo non toglie che il tema meriti approfondimento. Un piccolo nucleo di dischi a lui appartenuti (e pervenuti al Gabinetto Vieusseux per donazione di Arnaldo Liberati) attesta che l’Ingegnere aveva in casa le sinfonie di Beethoven (in varie esecuzioni, tra cui una Pastorale diretta da Bruno Walter), madrigali di Monteverdi (eseguiti dal Coro da camera della Rai), i notturni di Chopin, e molto Rossini. Colpisce anche la presenza di dischi, soprattutto 45 giri, dei Platters, di Perry Como, nonché dei cantanti italiani più in voga negli anni Cinquanta e Sessanta, come Fred Buscaglione, Tony Dallara, Claudio Villa, Gianni Morandi, Rita Pavone, Milva, Adriano Celentano.