In occasione della festa del patrono S. Giovanni, il 24 giugno, si organizzavano grandi feste e spettacoli; uno di questi, allora come oggi, consisteva nei fuochi d'artificio. Questi non venivano incendiati al piazzale Michelangelo (costruito solo dopo l'Unità), bensì al ponte alla Carraia, ove veniva montata una macchina di legno pirotecnica. Si trattava di un complesso marchingegno, per la costruzione del quale fu bandito nel 1827 un concorso pubblico: il progetto "più elegante e insieme più economico" a giudizio dell'Accademia delle Belle Arti ricevette dalla Comunità un premio. Dopo i fuochi, per prolungare la festa, si illuminavano le sponde dell'Arno dal ponte alla Carraia a quello di S. Trinita, mentre una banda musicale, sistemata su due barchette anch'esse illuminate, eseguiva sinfonie. Perché potessero godersi meglio lo spettacolo "senza confondersi con la folla del popolo", le autorità e gli impiegati comunali erano ospitati su un palco, costruito per l'occasione. Per quella serata tutti avevano il permesso di transitare con i barchetti nel tratto di fiume dalla pescaia di S. Frediano fino alla porticciola della Piazza d'Arno, che rimaneva eccezionalmente aperta fino all'una di notte. Ogni anno si facevano dei lavori alla pescaia, per rialzare il livello delle acque e permettere il passaggio delle barche.
Naturalmente, nell'organizzare festeggiamenti così imponenti si rischiava sempre di scontentare qualcuno. Nel 1827 Leonardo Martellini, che aveva un terreno lungo l'Arno, chiese invano un indennizzo per gli eventuali danni - ancora non verificatisi! - che avrebbero potuto subire i suoi alberi, nel caso che i barcaioli vi avessero ancorato i navicelli. Qualche anno dopo, gli affittuari dei mulini di S. Moro, della pescaia d'Ognissanti e del canale Macinante chiesero (e stavolta ottennero) un indennizzo perché avevano dovuto interrompere la macinazione del grano per 6 ore, per consentire una maggiore portata d'acqua al fiume e facilitare il transito delle barche. Di tenore diverso la richiesta di un certo Luigi Francioni di Prato, che chiese alla Comunità un compenso ("una somma a loro piacimento che rendesse a lui meno gravoso il dispendio che era stato tutto a suo carico") perché nel 1831, in occasione delle feste di S. Giovanni, "come capo di vari suoi concittadini ebbe l'onore di dare nel fiume Arno di questa città di Firenze un geniale divertimento consistente in vari pezzi di musica cantati a coro": ma non fu accontentato. La mattina del 23 giugno 1842 si scatenò un'improvvisa e violenta burrasca d'acqua e vento, che fece cadere la macchina dei fuochi d'artificio e danneggiò alcune barche pronte a ospitare la banda musicale; tale Ambrogio Settimelli, sedicente proprietario delle barche danneggiate, chiese un indennizzo alla Comunità: la richiesta non fu accolta, dato che da molti anni il noleggio delle barche era stato appaltato alle Società Filarmoniche.