A due passi dal Duomo di Firenze, nei suggestivi ambienti che un tempo furono dell’antica chiesa di S. Pietro in Ciel d’Oro, si conserva un vero e proprio scrigno della memoria storica cittadina, tanto prezioso quanto recondito agli stessi fiorentini: l’archivio del Capitolo della cattedrale di S. Maria del Fiore. Coprendo un arco cronologico ultramillenario, dall’età carolingia fino ai nostri giorni, gli oltre cinquemila documenti dell’Archivio Capitolare offrono una testimonianza insostituibile non solo sulle vicende del Duomo e della Chiesa fiorentina, ma anche sulla storia stessa della città.
Dal censimento terminato nel 2003 risulta che l’archivio si compone di circa 5000 unità, suddivise in due sezioni principali: le pergamene e l’archivio cartaceo. Le pergamene costituiscono il fondo indubbiamente più prezioso e rinomato dell’Archivio Capitolare, largamente utilizzato dagli storici nel corso dei secoli. Consta di 1213 atti sciolti in pergamena, di varia natura giuridica: bolle pontificie, diplomi imperiali, strumenti notarili (compravendite, permute, locazioni, testamenti, procure, lodi arbitrali ecc.). La loro datazione va dal 723 al 1822, ma essendo la prima pergamena un falso riconosciuto e risultando mancante la più recente, possiamo restringere gli estremi cronologici agli anni 800-1810. Il fondo è stato oggetto di tre principali inventariazioni, ad opera di Luigi Strozzi (1681), Ignazio Paur (1840) ed Enrico Lombardi (1977). Per le scritture più antiche disponiamo di un’edizione diplomatica: Le carte della Canonica della cattedrale di Firenze (723-1149), a cura di R. Piattoli, Roma, Istituto storico italiano per il Medio Evo, 1938 (“Regesta Chartarum Italiae”, 23).
Il resto dell’archivio è costituito dal fondo cartaceo, definizione lievemente impropria, perché non tiene conto della presenza di alcuni registri membranacei. Esso contiene documentazione compresa fra il XIII e il XX secolo ed è composto da oltre 3800 unità, tra registri, filze e buste di carte sciolte. Alcuni singoli manoscritti si segnalano, oltre che per il valore del contenuto, per il pregio delle decorazioni miniate: è il caso del codice delle Costituzioni capitolari del 1453 e di un elegante Campione dei fitti e pigioni della mensa capitolare datato 1473. Tuttavia, l’importanza del fondo risiede principalmente nell’ampia articolazione delle serie. Una delle più utilizzate dagli studiosi è quella delle “Scritture varie”, una vastissima miscellanea di documenti relativi agli affari capitolari tra il XIII e il XX secolo. Fondamentale, com’è ovvio, la serie dei “Partiti e deliberazioni”, i cui registri iniziano nel 1467 e proseguono ininterrottamente fino ai tempi recenti. Addirittura al 1326 risalgono i primi contratti trascritti nei registri della serie omonima.
Uno degli aspetti più notevoli di questo archivio è la straordinaria longevità dei registri contabili, che in tanti archivi fiorentini furono le vittime designate degli scarti sette-ottocenteschi: qui, invece, possiamo risalire al 1270 con la serie dei “Debitori e creditori” e al 1300 con quella delle “Entrate e uscite”. Ugualmente sorprendente è l’abbondanza di registri trecenteschi relativi all’amministrazione dei fitti e livelli della mensa capitolare. Proprio la necessità di gestire l’ingente patrimonio delle chiese ammensate, cioè incorporate nella mensa del Capitolo, ha dato origine a varie sottoserie archivistiche, tra le quali ricordiamo: la chiesa di S. Maria Maggiore a Firenze (1318-1552), il monastero fiorentino di S. Caterina (1397-1494), la pieve di S. Giovanni a Corazzano (1458-1919), la pieve di S. Giovanni a Valdevola (1467-1719), la pieve di S. Floriano a Castelfalfi (1472-1921), la chiesa di S. Paolo a Firenze (1477-1584), la pieve di S. Giovanni Battista a Cornacchiaia presso Firenzuola (1485-1951), la Badia di Pacciana nel Pistoiese (1519-1921), la pieve di S. Piero a Gropina (1522-1935), la prioria di S. Giovanni Battista a Senni (1547-1647), la chiesa, oggi scomparsa, di S. Andrea a Firenze (1664-1785) e la chiesa di S. Bartolo a Cintoia (1685-1919). Dipendenti principalmente da lasciti testamentari sono invece gli archivi familiari aggregati, tra i quali si segnalano, per antichità o consistenza, i fondi Folchi (1437-1682), Carnesecchi (1451-1917), Medici (sec. XV-1904), Capponi (1656-1961), Mazzinghi (1660-1961), Schmidweiller (1668-1961) e Zefferini (1696-1957).
Altre serie traggono origine dall’amministrazione del culto all’interno della cattedrale. A tal proposito sono da citare i registri delle “Distribuzioni” e le filze di “Feste e uffizi”, che, a partire rispettivamente dal 1427 e dal 1519, documentano la partecipazione dei canonici ai riti religiosi. Alle funzioni parrocchiali, assolte fino ad anni recenti da S. Maria del Fiore, sono da ascrivere i registri di “Matrimoni e morti”, iniziati nel 1587, e quelli degli “Stati d’anime” (1681-1980). Sono invece assenti, come negli altri archivi parrocchiali fiorentini, i registri dei battesimi, in virtù del fatto che a Firenze fino alla prima metà del XX secolo questo sacramento fu amministrato esclusivamente nel Battistero di S. Giovanni, i cui registri sono tuttora conservati nell’Archivio dell’Opera di S. Maria del Fiore (1450-1900) e in quello della Curia Arcivescovile (dal 1901 in avanti). Relativo ad epoche più vicine a noi è invece l’archivio della Deputazione Ecclesiastica di S. Maria del Fiore, istituita nel 1818: vi si documenta la ridefinizione di rapporti con l’Opera del Duomo, con il riconoscimento alla parte ecclesiastica del pieno controllo sulle attività di culto della cattedrale fiorentina. Sono infine da ricordare i cinque poderosi tomi compilati a metà Settecento dal canonico Salvino Salvini – i cosiddetti Spogli Salvini –, che servirono da base al medesimo erudito per la pubblicazione del Catalogo de’ Canonici della Chiesa Metropolitana Fiorentina compilato l’anno 1751 edito nel 1782.