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L'archivio Frescobaldi Albizzi

Lo stemma Frescobaldi Albizzi

Archivio Frescobaldi Albizzi

Questo testo è tratto da L'archivio Frescobaldi-Albizzi, a cura di I. Marcelli, in «Quaderni di Archimeetings», n. 2, 2004.

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Nel comune di Pontassieve, poco distante dalla frazione delle Sieci, si incontra una villa oggi di proprietà della famiglia Frescobaldi, circondata da vigneti e cinta da un boschetto: Poggio a Remole. La villa confluì nel patrimonio dei Frescobaldi nel 1877 a seguito del matrimonio fra Leonia di Alessandro Albizzi e Angelo di Matteo Frescobaldi. A Poggio a Remole, che ancora conserva forti tracce della famiglia Albizzi, sono stati raccolti in un'unica sede i due archivi familiari. Essi occupano una grande stanza al mezzanino, dove sono disposti su nuove scaffalature di metallo secondo un ordinamento che, se pur ancora provvisorio, comunque rispecchia gli strumenti di consultazione antichi, e in parte anche quelli realizzati di recente, con il concorso della Sovrintendenza Archivistica per la Toscana. Con la ricchezza della loro documentazione, per molta parte ancora inedita, essi permettono di ricostruire le trame delle vicende di due casate fiorentine, stretta mente intrecciate con la storia di Firenze, delle sue istituzioni e dei suoi commerci.

L’archivio Frescobaldi

Nell'archivio Frescobaldi ben si documentano i cambiamenti delle attività della famiglia, dagli esordi mercantili (cui sono legati i numerosi "libri dei ricordi") alla più recente impresa vitivinicola (con le copiose e complete serie di registri dell'amministrazione delle fattorie). L'archivio conserva inoltre ampli nuclei di documenti provenienti da famiglie con le quali i Frescobaldi si legarono in matrimonio. Insieme ai patrimoni giungevano anche le carte che ne riguardavano l'amministrazione: è il caso del fondo Acciaiuoli, delle filze relative agli Almeni, ai Buonaccorsi, ai Donati e ai Tedaldi.

Nell'archivio Frescobaldi le pergamene (che assommano a oltre 400 e coprono il periodo che va dal 1289 al 1772) rappresentano la parte più antica e preziosa; esse sono conservate distese (non arrotolate all'uso toscano), in tre cassetti di legno. Tra le numerose tipologie di atti (in prevalenza compravendite) segnaliamo la presenza degli atti di protezione concessi nel XVI secolo ai Frescobaldi da Enrico VIII Tudor e da Massimiliano I d'Asburgo.

Seguendo l'ordine dato in passato all'archivio e che anche oggi si riflette nella disposizione del materiale sugli scaffali, si incontrano i registri antichi dei Frescobaldi, circa 500 pezzi, fra i quali quelli della Compagnia Frescobaldi del Tardo Medioevo, registri di amministrazione del patrimonio familiare e personale di vari membri del casato, infine i registri di fattoria. Da segnalare, in questo primo nucleo, il registro chiamato "Rocco nero", che ripercorre la storia della famiglia fino al XVI secolo. In secoli più recenti si sono aggiunti a questo nucleo più antico di registri quelli dell'amministrazione delle fattorie dal XVIII al XIX secolo.

Di seguito a questo gruppo di documenti, che formano la sezione tradizionalmente denominata amministrativa, si incontra quella parte dell'archivio che l'erudizione settecentesca ci ha consegnato sotto il titolo generico di "Memorie storiche". Si tratta di atti per lo più sciolti e raccolti in faldoni (o, alla toscana, filze) alla fine del XVIII secolo, incrementati, secondo il medesimo criterio storiografico fino a tutto l'Ottocento, per un totale di 240 unità. La documentazione e stata divisa per tipologia di materiale e in base alle famiglie di provenienza: abbiamo quindi le filze di "Affari diversi", di "Lettere" e di "Ricevute", "Processi e Atti" dei Frescobaldi, cui seguono quelle delle famiglie con loro imparentate. Secondo un ordine non strettamente gerarchico, a queste filze, inframmezzate dai documenti relativi all'amministrazione dei beni della "Diamantina", splendida tenuta acquistata nel 1649 dal Duca di Modena, seguono i faldoni di "Memorie e documenti", "Testamenti", "Contratti e scritte" (sempre suddivisi tra quelli della famiglia Frescobaldi, e quelli delle famiglie imparentate). Concludono la sezione i 4 grandi volumi rilegati in pelle del Decimano dei Beni, un vero affresco della situazione patrimoniale di fine Settecento di questa importante famiglia fiorentina.

L’archivio Albizzi

I documenti conservati nell'archivio degli Albizzi sono da riferirsi a quel ramo fra i numerosi della famiglia che prese le mosse con Maso di Luca di Filippo. Le carte di un altro ramo si trovano nell'Archivio Guicciardini di Firenze.

Anche l'archivio Albizzi rispecchia la tradizionale ripartizione tra documenti 'storici' e 'amministrativi'. Si tratta in totale di circa 1100 pezzi che coprono un arco temporale che va dal 1279 al 1925. Nelle serie che compongono la sezione 'storica' sono presenti documenti tra i più antichi e importanti, come i patti sottoscritti fra la comunità di Montefalcone e i popoli del territorio circostante (fine del XIII secolo), lettere del Granduca Cosimo I de' Medici a vari membri della famiglia Albizi (1552-1561), registri di singoli esponenti della famiglia, relativi sia alla loro attività commerciale o politica, sia all'amministrazione del loro personale patrimonio (secc. XV-XIX). Tra questi ultimi sono da segnalare un registro di debitori di Rinaldo e di Luca degli Albizzi (1421- 1429) e un libro di conti del noto umanista e Cancelliere della Repubblica Fiorentina nel periodo laurenziano, Bartolomeo Scala. Questo registro erroneamente attribuito nel Seicento ad un Francesco di Albizzo di Luca, è giunto nell'archivio della famiglia Albizzi seguendo un percorso non decifrabile. Esso era stato invece compilato, per conto dello Scala, da un Seralbizzi, quando il Cancelliere iniziò la costruzione del suo nuovo palazzo in Borgo Pinti (ora palazzo Della Gherardesca), tra il 1474 e il 1477. Si tratta di una fortunata scoperta che ha permesso di mettere a fuoco numerosi dettagli sulla storia della costruzione del palazzo e della vita quotidiana di questa importante personalità dell'epoca laurenziana, scoperta che risale ai lavori di censimento eseguiti circa dieci anni fa dalla Sovrintendenza Archivistica per la Toscana. Alla luce di questo ritrovamento, assumono ancor più importanza i lavori di censimento e riordino di archivi gentilizi, che consentono di conoscere e valorizzare un patrimonio documentario ricchissimo e ancora quasi inedito.

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