Acquistato nel 1988 in Svizzera dalla Yale University, l’archivio Spinelli era sfuggito alla vigilanza dello Stato italiano e della Soprintendenza Archivistica della Toscana, competente per territorio, che pure, fin dal 1975, aveva più volte cercato di rintracciarne i proprietari, anche perché questi ultimi, in palese violazione della legge, non avevano mai dato notizia della sua esistenza agli organi di tutela. Esso è oggi conservato nella Sezione Manoscritti della Beinecke Library dell’Università di Yale (New Haven, CT) dove è stato sottoposto ad un’accurata opera di riordino e descrizione ed è a disposizione degli studiosi che possono consultare l’inventario on line insieme ad un elenco degli inventari delle varie sezioni e richiedere copia dei documenti, senza doverli consultare in loco. Il sito propone inoltre per ogni sezione una selezione di immagini di documenti.
Un gruppo di carte amministrative delle antiche famiglie Spinelli e Baldocci, probabile frutto della selezione cui fu sottoposto l’archivio prima di uscire illegamente dall’Italia, e che circolavano sul mercato antiquario negli anni Ottanta, fu recuperato ed acquistato dalla Soprintendenza Archivistica e destinato all’Archivio di Stato di Firenze: 341 pp., in maggioranza registri, di cui Spinelli dal 1455 alla metà del sec. XIX, e Baldocci dal 1599 al 1765 (per la descrizione cfr. SIASFI).
L’archivio degli Spinelli, famiglia che fu ammessa al patriziato toscano nel 1751, rimasto per secoli nel palazzo avito, fu riordinato nel 1791 dal fiorentino Francesco Cavini, uno di quegli archivisti ‘professionisti’, impiegati negli uffici granducali, ai quali diverse famiglie dell’aristocrazia si affidavano per la sistemazione delle carte familiari. Del lavoro da lui effettuato nell’archivio restano preziosi strumenti di corredo: il “Prospetto ed Inventario” e l’ “Indice generale”.
Per un caso fortuito le vicende della trasmissione documentaria dell’archivio Spinelli si intrecciano con quelle delle Carte Vasari. Il fatto è noto: il senatore Bonsignore di Tommaso Spinelli (1645-1711) -colui che si era imparentato con i Baldocci sposando nel 1681 Margherita di Nunziato- fu nominato nel 1686 dal sacerdote Francesco M. Vasari, ultimo del suo casato, insieme al reverendo Giuseppe Gigliozzi, suo esecutore testamentario. Nello svolgimento del suo lungo ed impegnativo incarico rimanevano presso di lui carte di Casa Vasari tra le quali registri e lettere appartenenti all’antenato Giorgio Vasari, autore delle “Vite”, architetto, scenografo e pittore al servizio, dal 1554, di Cosimo I Medici. Letteralmente “incistate” nell’archivio Spinelli, erano denominate “Scritture Vasari” dall’archivista del Settecento che le poneva nella sequenza numerica delle scritture Spinelli, dal n. 34 al n. 66 (compreso un n. 36 bis).
Scoperte nel 1908 da Giovanni Poggi, allora direttore del Museo Nazionale del Bargello (dal 1913 soprintendente alle Regie Gallerie fiorentine) nel palazzo fiorentino degli ultimi discendenti degli Spinelli, furono studiate e pubblicate in esclusiva dal tedesco Karl Frey, dietro pagamento di una grossa somma. Le polemiche sorte convinsero il proprietario ad affidare le carte in "deposito perpetuo” al Comune di Arezzo, a patto di metterle a disposizione degli studiosi nella casa aretina del Vasari, nel frattempo acquistata dallo Stato nel 1911 ed eretta in Museo vasariano. A quest’ultimo, luogo-simbolo dell’artista, le carte Vasari sono legate da un vincolo pertinenziale. All’atto della consegna al Comune tre filze (nn. 34, 35 e 66) rimasero casualmente nell’archivio del privato, seguendone il destino: ecco perché si trovano anch’esse presso la Beinecke Library.