Parte dunque per Parigi la Pala Barbadori di Santo Spirito di Firenze, oggi al Louvre, e torna a casa La Natività di San Domenico di Prato (riconsegnata ai frati domenicani nel 1817), ed oggi al Museo Civico di questa città.
Prato si riappropria così di un’opera tra le più rappresentative, dal punto di vista biografico, del soggiorno pratese di Filippo Lippi. In essa infatti il pittore utilizza, come modelli per la Vergine ed il Bambino, rispettivamente la sua amante Lucrezia Buti ed il loro figlio primogenito Filippino. La monaca poserà per lui anche nella Madonna della Cintola (Prato, Museo Civico) e poi, con ogni probabilità, per la Madonna con il Bambino e angeli degli Uffizi; ma di lei è anche l’immagine della Salomè danzante davanti ad Erode negli affreschi del Duomo di Prato.
La vicenda dei due amanti non emozionò il cavalier Denon, ma appassionò invece il mondo letterario otto-novecentesco. Il romantico poeta Robert Browning, per esempio, la raccontò in un poemetto dedicato a Fra’ Lippo Lippi e il D’Annunzio, affascinato dalla bellissima Lucrezia nelle vesti di Salomè, ricorda la donna in modo esplicito in un sonetto de Le città del silenzio (sonetto I, vv. 1 - 4):
O Prato, o Prato, ombra dei dì perduti,
chiusa città, forte nella memoria,
ove al fanciul compiacquero la Gloria
e la figliuola di Francesco Buti!