Tuttavia è nell’attività fotografica del figlio Gino che la veduta architettonica assume caratteri originali, anche se egli non abbandonerà l’altra specialità della ditta che consiste nella riproduzione di opere d’arte e di oggetti di antiquariato. Sussistono incertezze circa la “mano” di Ferdinando o quella del figlio Gino a partire dalla metà degli anni ’20, che si uniscono alle difficoltà di ricostruzione della sua estesa attività. Gino ereditò ben presto il mestiere dal padre, ammalatosi precocemente: è lui nell’aprile del 1925 a sottoscrivere l’iscrizione del laboratorio nei registri della Camera di Commercio. La sua attività che si distende nell’arco di più di cinquant’anni si segnala per ampiezza e qualità, soprattutto durante il doppio ventennio, per così dire, della dittatura e della ricostruzione, agli inizi della modernizzazione della società italiana e alla formazione del Gruppo 7 e alla prima mostra del Razionalismo.
In questa fase un incarico di sicura evidenza fu quello della documentazione del cantiere dello Stadio comunale “Giovanni Berta” di Firenze: di tale opera interessano le date, la dimensione, il cantiere e soprattutto la fortuna critica che subito guadagna sulla pubblicistica, anche in virtù di un corredo iconografico di singolare efficacia. Il fotografo è coinvolto sin dall’inizio nell’impresa, ha ricevuto dal Comune l’incarico di documentare il cantiere e lo stesso progettista Pier Luigi Nervi è interessato a sfruttare quella stessa documentazione. La serie che ne deriva costituirà il primo lavoro di Gino che viene largamente pubblicato, ma non l’unico di questa tipologia edilizia: il fascismo infatti intrattiene uno speciale feeling con lo sport e promuove la costruzione di impianti e campi sportivi in tutta la nazione; tra i lavori seguiti da Barsotti, ci sono la costruzione dello stadio di Torino e quella dello stadio di Lucca.
A questi lavori si aggiungono moltissime fotografie eseguite per la rivista del Comune “Firenze. Rassegna del Comune”, nell’evolversi del parco ferroviario di Santa Maria Novella, nelle riprese di sculture e dipinti contemporanei, nella fotografia “industriale”. La documentazione del suo lavoro ‘architettonico’ finisce con l’essere il racconto dell’architettura toscana moderna, dall’avvio degli anni Trenta ai Sessanta inoltrati.
Osservando la sua produzione emerge una visione razionale dell’architettura, esaltata dall’uso del b/n, in un confronto continuo con la geometria dell’architettura fiorentina. La qualità dell’opera di Gino trova conferma nella presenza di alcune decine di sue fotografie nella prestigiosa collezione del RIBA-Royal Institute of British Architects di Londra.