Riprendiamo il percorso delle masse italiane che, a cavallo tra Ottocento e Novecento, varcarono l’oceano in cerca di una vita migliore. Nel precedente articolo abbiamo parlato delle ragioni per cui i nostri connazionali abbandonavano la madrepatria, e del viaggio che intraprendevano, dai preparativi per la partenza all’arrivo. Questa volta esaminiamo quanto accadeva all’emigrante una volta sbarcato a destinazione.
Difatti l’emigrazione italiana ha avuto molte facce e si è caratterizzata anche per aver esportato in tutto il mondo alte competenze di mestiere. Il capitale degli emigranti è stato il lavoro accompagnato, sempre, da una serie di risorse non materiali: determinazione a lavorare comunque e in qualsiasi condizione; perseveranza anche di fronte a grandi ostacoli; inventiva che, talvolta, ha portato al conseguimento di grandi risultati sia sul piano sociale che economico. Come nella precedente uscita, per comprendere meglio quanto detto utilizzeremo i materiali conservati presso la Fondazione Paolo Cresci per la storia dell’emigrazione italiana.
Paolo Cresci, fotografo scientifico presso l’Università degli Studi di Firenze, si avvicinò per motivi personali al tema dell’emigrazione nella Valle del Serchio, in Lucchesia. Dalle donazioni provenienti dalle famiglie di emigrati, ma anche cercando nei mercatini d’antiquariato e presso i collezionisti, in circa 25 anni raccolse più di 15.000 pezzi: epistolari, fotografie, documenti d’archivio, documenti personali di emigrati, libri e riviste, riuscendo così a mettere insieme la più ricca raccolta di documenti esistente sull’emigrazione italiana.